Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 9439 del 4 marzo 2019

ECLI:IT:CASS:2019:9439PEN

Massima

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Il provvedimento cautelare interdittivo della sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio, pur essendo adottato sulla base di gravi indizi di colpevolezza e di un concreto e attuale rischio di recidiva, perde di efficacia e interesse per il ricorrente una volta scaduto il termine di durata previsto nel provvedimento genetico, anche qualora l'impugnazione sia diretta ad evitare conseguenze extrapenali sfavorevoli, in quanto, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 405, comma 1-bis, c.p.p., l'interesse del ricorrente a ottenere un provvedimento "de libertate" non è più ravvisabile in caso di cessazione dell'efficacia della misura cautelare. Pertanto, in tali casi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, senza che ciò comporti la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto che la declaratoria di inammissibilità è dovuta a una circostanza non imputabile al ricorrente.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano - Presidente

Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere

Dott. AGLIASTRO Mirella - Consigliere

Dott. APRILE Ercole - rel. Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 19/11/2018 del Tribunale di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. APRILE Ercole;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di…

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