Il giudice amministrativo, nel valutare la sussistenza dell'interesse ad agire del ricorrente che impugna un titolo edilizio, deve accertare non solo la legittimazione, intesa come stabile collegamento con la zona interessata dall'intervento, ma anche la lesione concreta ed attuale della posizione soggettiva del ricorrente, quale pregiudizio specifico derivante dall'atto impugnato. La mera vicinitas, ovvero il mero rapporto di prossimità con l'area interessata dall'intervento edilizio, non è sufficiente a dimostrare l'interesse ad agire, dovendosi invece provare che l'intervento contestato abbia effettiva capacità di determinare una lesione attuale e concreta in capo al ricorrente, come ad esempio il deprezzamento del valore dell'immobile di proprietà o la compromissione della salubrità ambientale. Inoltre, l'interesse ad agire non può essere riconosciuto quando la nuova istanza di autotutela risulti meramente reiterativa di una precedente istanza già esaminata e rigettata, in quanto ciò integrerebbe una violazione del principio del "ne bis in idem". Infine, il differimento del termine per l'esercizio dell'autotutela da parte dell'amministrazione può essere ammesso solo quando l'impossibilità di conoscere fatti e circostanze rilevanti sia imputabile al comportamento del soggetto beneficiario del titolo edilizio, e non possa essere ascritta alla negligenza dell'amministrazione procedente.