Il piano regolatore generale di un Comune, anche se successivamente modificato con varianti non sostanziali, può legittimamente prevedere l'inserimento di un'opera pubblica, come una pista ciclopedonale, all'interno di aree private, assoggettandole a vincolo espropriativo, senza che ciò comporti un contrasto con i principi di conformità urbanistica, proporzionalità, buon andamento e ragionevolezza dell'azione amministrativa. La previsione di tale opera pubblica, se già contenuta negli strumenti urbanistici vigenti al momento della sua approvazione, non necessita di una nuova e specifica previsione urbanistica, essendo sufficiente la mera attuazione di quanto già stabilito dalla pianificazione generale. Inoltre, la realizzazione di una pista ciclopedonale con una larghezza di 3 metri in un tratto limitato, pur in difformità rispetto ai minimi inderogabili previsti dalla normativa tecnica, può essere ritenuta adeguata dall'Amministrazione competente qualora tale riduzione sia giustificata da circostanze eccezionali, come l'interferenza dell'opera con il demanio idrico, e non comporti un pregiudizio sproporzionato per la fruibilità dell'infrastruttura.