Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La partecipazione ad un'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico può essere desunta da una pluralità di elementi indiziari, quali le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che individuano il soggetto come punto di riferimento per l'attività di spaccio, le risultanze delle intercettazioni che evidenziano il suo ruolo di promotore e organizzatore, nonché i rapporti di parentela e di frequentazione tra i sodali e l'utilizzo di luoghi comuni per lo spaccio. Tali elementi, valutati nel loro complesso, possono integrare gravi indizi di colpevolezza, anche in assenza di una contestazione "chiusa" del reato associativo, laddove la permanenza del vincolo associativo non risulti cessata anteriormente all'emissione del provvedimento cautelare. Inoltre, il pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato, tale da giustificare l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, può essere desunto dal ruolo apicale ricoperto dall'indagato nell'associazione, dalla sua capacità di gestire l'attività di spaccio anche durante la detenzione, nonché dall'assenza di elementi che dimostrino un mutamento del suo stile di vita.