Il diritto dei lavoratori dipendenti, impegnati quali rappresentanti di lista nelle consultazioni elettorali, di fruire di un trattamento normativo equiparato a quello previsto per i presidenti, segretari e scrutatori di seggio elettorale, costituisce una norma imperativa di legge, non derogabile mediante accordi collettivi aziendali, salvo le ipotesi espressamente previste. Pertanto, il datore di lavoro è tenuto a riconoscere ai suddetti lavoratori, per i giorni di assenza dal lavoro dovuti all'espletamento delle funzioni elettorali, la retribuzione ordinaria, eventuali maggiorazioni retributive previste dalla legge, nonché il diritto a riposi compensativi, senza poter sostituire tali benefici con l'utilizzo di permessi annui retribuiti o ferie pregresse. L'accordo collettivo aziendale che limiti arbitrariamente il trattamento normativo previsto dalla legge, circoscrivendolo ai soli presidenti, segretari e scrutatori di seggio, è da ritenersi illegittimo, in quanto viola il principio di equiparazione stabilito dalla norma imperativa. Inoltre, la chiusura dello stabilimento disposta dal datore di lavoro per tutti i lavoratori, in concomitanza con le consultazioni elettorali, non fa venir meno l'obbligo di riconoscere il trattamento normativo previsto per i lavoratori impegnati quali rappresentanti di lista, non potendosi considerare tali giornate come non lavorative ai fini dell'applicazione della disciplina di legge. Infine, il mero dato numerico di un elevato numero di dipendenti nominati rappresentanti di lista non integra di per sé gli estremi dell'abuso del diritto, in assenza di ulteriori elementi che dimostrino l'intento di perseguire risultati diversi e ulteriori rispetto a quelli per i quali il diritto è attribuito, con un ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale.