Cassazione penale Sez. V sentenza n. 35786 del 26 luglio 2018

ECLI:IT:CASS:2018:35786PEN

Massima

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Il reato di violenza privata (art. 610 c.p.) si configura quando la condotta dell'agente, pur animata dalla finalità di esercitare un proprio diritto, eccede macroscopicamente i limiti insiti in tale fine, ponendo in essere un comportamento costrittivo dell'altrui libertà di determinazione. Ciò si verifica anche quando l'agente, consapevole dell'ingiuridica pretesa vantata, ricorra a violenza o minaccia per costringere la persona offesa a un determinato comportamento, non potendo in tal caso trovare applicazione la diversa fattispecie dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.). La valutazione della credibilità della persona offesa e delle altre fonti di prova, nonché il giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva, rientrano nell'ambito del libero convincimento del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo in caso di motivazione illogica o contraddittoria.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano - Presidente

Dott. MICCOLI Grazia - rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina - Consigliere

Dott. AMATORE Roberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/02/2017 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MICCOLI GRAZIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI che ha concluso chiedendo.
Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita'.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27 febbraio 2017, la Corte di appello di Milano ha confermato la pronunzia con la qu…

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