Cassazione penale Sez. II sentenza n. 9041 del 8 marzo 2011

ECLI:IT:CASS:2011:9041PEN

Massima

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Il delitto di tentata estorsione sussiste quando l'agente, prospettando il compimento di un male ingiusto, coarta la volontà della vittima inducendola a consegnare un ingiusto profitto, a prescindere dalla concreta realizzabilità dell'azione minacciata. Ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente che la minaccia sia idonea, nel momento in cui viene esercitata, a incutere timore nella vittima, senza che rilevi l'effettiva possibilità di realizzare il male prospettato. La desistenza volontaria dal reato tentato presuppone che l'agente abbia liberamente e spontaneamente interrotto la propria condotta criminosa, senza essere stato costretto da fattori esterni che ne abbiano impedito la prosecuzione. Pertanto, ove l'interruzione dell'azione delittuosa sia determinata da circostanze estranee alla volontà del soggetto agente, non può configurarsi la causa di non punibilità di cui all'art. 56, comma 3, c.p.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio - Presidente

Dott. CASUCCI Giuliano - Consigliere

Dott. TADDEI Margherita - Consigliere

Dott. CHINDEMI Domenico - rel. Consigliere

Dott. RAGO Geppino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) CR. AN. , N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 572/2002 CORTE APPELLO di VENEZIA, del 12/02/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Passacantando Guglielmo, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

OSSERVA IN FATTO

Il Tribunale di Padova, con sentenza in data 20/4/…

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