Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è integrato quando l'amministratore di una società fallita abbia distratto beni o denaro della società, senza poterne giustificare la concreta destinazione, anche in assenza di un tenore di vita sproporzionato rispetto alle sue possibilità economiche. L'omessa giustificazione da parte dell'amministratore circa la destinazione di somme o beni della società, in epoca anteriore e prossima al fallimento, consente di ritenere provata la loro distrazione, in applicazione del principio secondo cui, una volta che la società abbia avuto la disponibilità di tali risorse, spetta all'amministratore dimostrarne la legittima utilizzazione. La valutazione del concorso di circostanze attenuanti e aggravanti rientra nel libero convincimento del giudice, il quale deve indicare i punti essenziali e determinanti del proprio ragionamento, senza che sia necessario un esame analitico di tutte le argomentazioni difensive. Tuttavia, nel caso di più fatti di bancarotta fraudolenta commessi nel contesto di un unico fallimento, non è configurabile il reato continuato, ma l'ipotesi aggravata di cui all'art. 219, comma 2, n. 1, della legge fallimentare, con conseguente eliminazione dell'aumento di pena per la continuazione.