Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: Il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 366-bis c.p.c. (ora abrogato), deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara e puntuale indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione della sentenza impugnata si assume omessa, contraddittoria o insufficiente, nonché le specifiche ragioni per cui tale motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione. Non è sufficiente una mera "reinterpretazione" delle risultanze probatorie, non consentita in sede di legittimità. Analogamente, il quesito di diritto relativo alla violazione di norme giuridiche deve essere formulato in modo da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta, senza limitarsi ad enunciazioni astratte. La mancata osservanza di tali requisiti comporta l'inammissibilità del ricorso, anche in presenza di precedenti giurisprudenziali che abbiano ritenuto ammissibili formulazioni analoghe, in quanto la valutazione di ammissibilità deve essere effettuata caso per caso, tenendo conto della ratio della riforma introdotta dal d.lgs. n. 40/2006, volta a garantire la chiarezza e la sinteticità dell'esposizione dei motivi di ricorso. Inoltre, la statuizione sulle spese processuali, fondata sulla soccombenza complessiva, non integra una violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.