Il contratto di appalto, una volta concluso e consegnato l'opera, è soggetto a un unico collaudo finale che costituisce l'accertamento definitivo dell'effettiva entità dei lavori eseguiti e del relativo credito dell'appaltatore. Il collaudo, redatto e sottoscritto dal collaudatore, prevale sulla contabilità di cantiere tenuta dal direttore dei lavori, la quale può presentare imprecisioni e non può essere considerata come il dato definitivo ai fini della determinazione del credito dell'appaltatore. Pertanto, in caso di contestazione sull'importo dei lavori eseguiti, il giudice deve fare riferimento alle risultanze del collaudo, salvo che non emerga un vizio o un errore manifesto nell'operato del collaudatore, senza poter sostituire la propria valutazione a quella del collaudatore sulla base di una diversa ricostruzione della contabilità di cantiere. I doveri di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto non impongono alla stazione appaltante di adottare comportamenti ulteriori rispetto a quelli previsti contrattualmente, quando il contratto risulti compiutamente disciplinato in tutti i suoi aspetti, essendo preclusa l'integrazione del contratto ai sensi dell'art. 1374 c.c. in tal caso.