Il giudice amministrativo, investito di un ricorso per l'ottemperanza di una sentenza passata in giudicato del giudice ordinario, esercita una giurisdizione di merito con cognizione estesa, potendo adottare qualsiasi statuizione ritenuta giusta e proporzionata per indurre l'amministrazione a dare esecuzione al giudicato. Tuttavia, il giudice dell'ottemperanza non può alterare il precetto del giudicato civile, limitandone o ampliandone la portata effettuale, in violazione dell'articolo 2909 c.c. Pertanto, il giudice amministrativo può considerare circostanze sopravvenute alla pronuncia del provvedimento giurisdizionale costituente titolo esecutivo, potenzialmente suscettibili di escludere la persistenza di una situazione debitoria in capo all'amministrazione, e stabilire le opportune cautele per l'esecuzione, senza incidere sull'intangibilità del giudicato civile. Analogamente, il giudice dell'ottemperanza può dare rilievo, in funzione estintiva del debito dell'amministrazione consacrato nel titolo, a un controcredito della stessa, successivo al giudicato, derivante da una sentenza penale di condanna del ricorrente in ottemperanza, senza fuoriuscire dalla funzione esecutiva che l'ordinamento gli assegna. Gli eventuali errori in cui il giudice amministrativo sia incorso nell'esercizio di tali poteri, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione amministrativa e non sono sindacabili dalla Corte di Cassazione, salvo il caso di eccesso di potere giurisdizionale per esorbitanza dai limiti esterni della giurisdizione.