Cassazione penale Sez. II sentenza n. 6065 del 15 febbraio 2012

ECLI:IT:CASS:2012:6065PEN

Massima

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Il reato di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico si configura quando sussistono tre elementi fondamentali: a) l'esistenza di un gruppo i cui membri si siano aggregati consapevolmente per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di stupefacenti; b) l'organizzazione di attività personali e di beni economici per il perseguimento del fine illecito comune, con l'assunzione dell'impegno di apportarli anche in futuro per attuare il piano permanente criminoso; c) sotto il profilo soggettivo, l'apporto individuale apprezzabile e non episodico di almeno tre associati, che integri un contributo alla stabilità dell'unione illecita. Il programma associativo ai sensi della previsione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, non richiede che le successive condotte delittuose dei singoli, ai sensi del medesimo decreto, art. 73, ivi compreso il commercio, siano compiute in nome e per conto dell'associazione, ma solo che rientrino nel predetto programma. Ai fini della configurabilità del reato di partecipazione ad associazione per delinquere, non è sempre necessario che il vincolo associativo fra il singolo e l'organizzazione si instauri nella prospettiva di una sua futura permanenza a tempo indeterminato e per fini di esclusivo vantaggio dell'organizzazione stessa, ben potendosi, al contrario, pensare a forme di partecipazione destinate, "ab origine", ad una durata limitata nel tempo e caratterizzate da una finalità che, oltre a comprendere l'obiettivo vantaggio del sodalizio criminoso, in relazione agli scopi propri di quest'ultimo, comprenda anche il perseguimento, da parte del singolo, di vantaggi ulteriori, suoi personali, di qualsiasi natura, rispetto ai quali il vincolo associativo può assumere anche, nell'ottica del soggetto, una funzione meramente strumentale, senza per questo perdere nulla della sua rilevanza penale. Quanto alle esigenze cautelari, la presunzione assoluta di pericolosità sociale prevista dall'art. 275, comma 3, c.p.p. per il delitto di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309 del 1990 è stata trasformata dalla Corte Costituzionale in una presunzione relativa, con la conseguenza che il giudice deve valutare, nel caso concreto, se le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con misure diverse dalla custodia cautelare in carcere.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio - Presidente

Dott. TADDEI Margherita - Consigliere

Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Consigliere

Dott. CHINDEMI Domenico - rel. Consigliere

Dott. CERVADORO Mirella - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) (OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l'ordinanza n. 669/2011 TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA, del 20/07/2011;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ANIELLO Roberto che chiede l'inammissibilita' del ricorso.

OSSERVA IN FATTO

Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, con ordinanza in data 20 luglio 2011, conferma…

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