Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare il ricorso avverso l'ordinanza di demolizione di opere edilizie e ripristino dello stato dei luoghi, afferma che gli interventi realizzati, complessivamente considerati, hanno prodotto un organismo edilizio diverso da quello originariamente assentito, determinando rilevanti incrementi di superficie e volumetria, nonché la modifica della sagoma del fabbricato e della rampa di accesso, integrando anche la violazione delle distanze minime rispetto all'immobile confinante. Tali opere, per le loro caratteristiche funzionali, modalità costruttive e dimensioni, implicano una stabile trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, risultando preordinate a soddisfare esigenze non meramente temporanee del proprietario, ma stabili e permanenti nel tempo, e pertanto non possono essere ricondotte alla categoria degli interventi di natura meramente pertinenziale, che non necessiterebbero di alcun provvedimento abilitativo. Inoltre, il carattere di precarietà del manufatto, che esonera dal preventivo rilascio del titolo edilizio, va inteso non in senso strutturale bensì funzionale, dovendosi escluderne la sussistenza in fattispecie in cui l'opera risulta destinata al soddisfacimento di esigenze durevoli e non meramente temporanee. Pertanto, il mero carattere di agevole rimovibilità delle opere in questione non vale ad elidere la necessità del relativo titolo abilitativo, considerato che le stesse sono chiaramente destinate a soddisfare esigenze durevoli e non meramente temporanee. Infine, la natura vincolata del provvedimento di demolizione non rende necessario il previo avviso di inizio del procedimento di cui all'art. 7 e ss. della L. n. 241/1990, non emergendo che un'ulteriore interlocuzione con l'interessato avrebbe posto l'Amministrazione procedente nella condizione di emettere un atto dal contenuto diverso da quello in concreto adottato.