Il reato di truffa finalizzata all'assunzione in un pubblico impiego, mediante produzione di falsa documentazione e in carenza dei requisiti richiesti, si consuma all'atto dell'indebito conseguimento della nomina, non all'atto della percezione delle retribuzioni corrispondenti all'esplicata attività lavorativa. Tuttavia, affinché sia configurabile il delitto di truffa, è necessario che l'accusa individui con precisione un danno economico-patrimoniale effettivo e immediato subito dalla pubblica amministrazione in conseguenza dell'indebita assunzione, come ad esempio le spese sostenute per istruire la pratica e perfezionare l'assunzione, senza poter fare riferimento a parametri meramente congetturali o a conseguenze di natura non strettamente patrimoniale. Inoltre, il fatto che nel corso dell'attività lavorativa di fatto possano essere commessi dei reati, come l'esercizio abusivo di una professione, non rende intrinsecamente illecita l'ordinaria attività lavorativa prestata, né comporta un contrasto con i valori giuridici essenziali dell'ordinamento, ai fini dell'applicazione dell'art. 2126 c.c. sulla validità del rapporto di lavoro di fatto.