Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, afferma che il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell'illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, con accertamento in termini di certezza o, quanto meno, di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell'agire illegittimo della pubblica amministrazione. Pertanto, grava sull'attore l'onere di dimostrare la sussistenza di tutti i presupposti della domanda al fine di ottenere il riconoscimento di una responsabilità dell'Amministrazione per fatto illecito delineata dall'art. 2043 c.c. Nella fattispecie, il Consiglio di Stato ritiene insussistente il fatto illecito, in quanto l'appellante ha svolto senza soluzione di continuità l'attività oggetto di licenza, senza aver subito alcun pregiudizio, e pertanto non sussistono i presupposti per il risarcimento del danno, né patrimoniale né non patrimoniale. Inoltre, il Consiglio di Stato afferma che, anche ove si esaminasse la fattispecie dal punto di vista della responsabilità precontrattuale, l'appellante non potrebbe vantare un affidamento incolpevole, in quanto era perfettamente a conoscenza del contenzioso esistente sulla delibera di assegnazione della licenza, essendo egli stesso parte di tale giudizio.