Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Nelle procedure di repressione degli abusi edilizi, l'amministrazione comunale è tenuta a ordinare la demolizione delle opere abusive realizzate in assenza di titolo edilizio e in aree soggette a vincoli paesaggistici ed ambientali, anche quando tali opere siano accessorie o pertinenziali rispetto a un fabbricato principale oggetto di una pendente istanza di condono. Ciò in quanto la presentazione della domanda di condono non preclude l'adozione di provvedimenti repressivi nei confronti di interventi edilizi ulteriori e diversi da quelli per cui è stata chiesta la sanatoria, i quali ripetono le caratteristiche di illiceità dell'opera principale cui ineriscono strutturalmente. L'amministrazione comunale può legittimamente procedere all'ordine di demolizione ai sensi dell'art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, in alternativa al più generale meccanismo sanzionatorio disciplinato dall'art. 31 dello stesso testo normativo, senza che ciò comporti una violazione del principio di tipicità del trattamento sanzionatorio, atteso che tali strumenti sono tra loro alternativi. Inoltre, l'omessa previa comunicazione alle amministrazioni competenti alla tutela del vincolo non inficia la legittimità dell'ordine di demolizione disposto dall'amministrazione comunale, in quanto tale formalità partecipativa mira ad evitare una duplicazione dello stesso potere demolitorio, non incidendo sulla validità del provvedimento adottato per primo. Infine, l'applicazione della sanzione demolitoria deve ritenersi doverosa per il risolutivo rilievo che l'area sulla quale insiste l'immobile oggetto dell'intervento abusivo è soggetta a vincolo paesaggistico, in quanto qualunque intervento effettuato su immobili sottoposti a tale vincolo è da qualificarsi almeno come "variazione essenziale" e, in quanto tale, è suscettibile di essere demolito.