Cassazione penale Sez. II sentenza n. 8550 del 3 marzo 2010

ECLI:IT:CASS:2010:8550PEN

Massima

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Il delitto di estorsione si configura quando l'agente, mediante la minaccia implicita della mancata restituzione di un bene precedentemente sottratto alla vittima, ottiene da quest'ultima il pagamento di una somma di denaro quale corrispettivo dell'attività di intermediazione posta in essere per la restituzione del bene. La condotta estorsiva non richiede una minaccia esplicita, essendo sufficiente che dalla situazione di fatto emerga una costrizione della vittima a pagare per evitare il mancato recupero del proprio bene. Il ruolo attivo e determinante dell'agente nella vicenda estorsiva, anche se non dominante rispetto a quello di un concorrente, esclude la possibilità di riconoscere in suo favore l'attenuante della minima partecipazione al reato. La valutazione della credibilità e attendibilità della persona offesa, pur tenendo conto di eventuali incertezze o contraddizioni nel suo racconto, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui motivazione in proposito è immune da vizi logici se fondata anche su altre prove convergenti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente

Dott. GENTILE Domenico - Consigliere

Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere

Dott. PRESTIPINO Antonio - rel. Consigliere

Dott. DAVIGO Piercamillo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) DE. MU. CL. , N. IL (OMESSO);

2) LA. GI. , N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 1164/2005 CORTE APPELLO di MESSINA, del 26/05/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in Pubblica udienza del 03.02.2010 la relazione fatta dal Consigliere Dr. PRESTIPINO Antonio;

udito il Procuratore Generale in persona del Dr. DI CASOLA Carlo, l'annullamento con rinvio in ordine al difetto di motivazione sull'attenuante di cui all'artico…

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