Il ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa è inammissibile in quanto sottoscritto personalmente e non da un avvocato abilitato al patrocinio innanzi alla Corte di Cassazione. Nel processo penale, la facoltà di presentare personalmente il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 613 c.p.p., comma 1, è riconosciuta soltanto all'imputato, mentre gli altri soggetti processuali, portatori di interessi diversi, devono necessariamente avvalersi dell'assistenza di un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte di Cassazione. Tale interpretazione, consolidata nella giurisprudenza di legittimità, si fonda sull'insegnamento delle Sezioni Unite, secondo cui la disposizione di cui all'art. 613 c.p.p. deve essere intesa come ricognitiva della sola facoltà di proposizione personale dell'impugnazione riconosciuta all'imputato dall'art. 571 c.p.p., comma 1, non estensibile ad altri soggetti processuali non espressamente contemplati dalla norma, in quanto configurantesi come deroga alla regola generale della rappresentanza tecnica. Ne consegue che il ricorso proposto dalla persona offesa, diversa dall'imputato, è inammissibile ove sottoscritto personalmente e non da un difensore abilitato al patrocinio innanzi alla Corte di Cassazione. In tal caso, la parte privata che ha proposto il ricorso inammissibile deve essere condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente fissata a favore della cassa delle ammende, in ragione dei motivi dedotti.