Cassazione penale Sez. V sentenza n. 3270 del 24 gennaio 2018

ECLI:IT:CASS:2018:3270PEN

Massima

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Il delitto di atti persecutori, di cui all'art. 612-bis c.p., è un reato abituale improprio, a reiterazione necessaria delle condotte, in cui l'evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso. La reiterazione degli atti considerati tipici costituisce elemento unificante ed essenziale della fattispecie, connotando gli atti di un'autonoma ed unitaria offensività, poiché proprio dalla loro reiterazione deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che infine degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dalla norma incriminatrice. L'elemento soggettivo del delitto di atti persecutori è integrato dal dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della loro idoneità alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, senza che sia necessaria la preordinazione di tali condotte. Il dolo deve essere unitario, esprimendo un'intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se può realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l'agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi. La prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata. A tal fine, il giudice non deve necessariamente fare ricorso ad una perizia medica, potendo argomentare la sussistenza degli effetti destabilizzanti della condotta dell'agente sull'equilibrio psichico della persona offesa, anche sulla base di massime di esperienza. La causa di giustificazione dell'esercizio del diritto, di cui all'art. 51 c.p., non è configurabile nel caso di specie, in quanto manca il benché minimo nesso di pertinenza e necessità tra l'esercizio della facoltà genitoriale e la persecuzione del coniuge separato con lesione della sua libertà personale.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia - Presidente

Dott. ZAZA Carlo - Consigliere

Dott. SCOTTI Umberto - rel. Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. S. - Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta M. - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/09/2016 della CORTE APPELLO di BRESCIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCOTTI UMBERTO LUIGI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa FILIPPI PAOLA, che ha concluso per il rigetto;
udito il difensore presente, avvocato (OMISSIS) del Foro di Roma per la parte civile (OMISSIS), che si e' riportato alle conclusi…

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