Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 7239 del 24 maggio 1990

ECLI:IT:CASS:1990:7239PEN

Massima

Massima ufficiale
Il tentativo di frode commerciale (artt. 56 e 515 c.p.) è ammissibile solo in presenza di una contrattazione idoneamente e inequivocabilmente predisposta alla consegna di merce diversa a chi in concreto intenda acquistarla, non essendo sufficiente ad integrare tale ipotesi criminosa la semplice esposizione della merce per l'eventuale vendita. La disciplina di cui all'art. 13 della L. 30 aprile 1962, n. 283, al contrario, sanziona penalmente la mera offerta in vendita di sostanze alimentari con denominazioni improprie o comunque ingannevoli, in quanto si propone di evitare che in tal modo venga sorpresa la buona fede del consumatore o che l'acquirente possa essere indotto in errore circa la natura, la sostanza o le proprietà nutritive delle sostanze alimentari stesse. (Nella fattispecie è stata ritenuta illecita, perché ingannevole, la scritta carne «suina», esposta in una macelleria, con la quale si reclamizzavano salsicce sfuse offerte in vendita come confezionate con carne suina, mentre risultavano confezionate con carne mista di suino e bovino).

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