Il singolo condomino non è legittimato a impugnare la delibera condominiale che riguarda la gestione degli interessi comuni, in quanto la legittimazione passiva spetta esclusivamente all'amministratore. Il condomino può al più intervenire in giudizio in modo adesivo dipendente, sostenendo la posizione difensiva del condominio, ma non può proporre autonoma impugnazione. Solo quando la delibera riguardi diritti individuali sulle parti comuni, ciascun condomino ha una legittimazione concorrente con quella dell'amministratore a tutelare i propri diritti di comproprietario. L'amministratore, invece, può costituirsi in giudizio senza necessità di preventiva autorizzazione assembleare, sia in primo grado che in appello, per difendere la validità delle delibere adottate, in quanto tale attività rientra nei suoi compiti di esecuzione delle deliberazioni assembleari. Ai fini della responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c., non è sufficiente la mera condotta contra ius, ma occorre la prova di un concreto pregiudizio risarcibile, non potendosi configurare un danno in re ipsa. Inoltre, la responsabilità ex art. 96 c.p.c. presuppone una condotta processuale dolosa o gravemente colposa, non integrabile dal semplice svolgimento di una riunione condominiale in locali inadatti.