Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 16396 del 20 aprile 2016

ECLI:IT:CASS:2016:16396PEN

Massima

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Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale di cui all'art. 341-bis c.p. è integrato dalla mera possibilità che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale possano essere percepite dai presenti, a prescindere dall'effettiva percezione da parte di costoro, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma è il buon andamento della pubblica amministrazione. Infatti, la semplice potenzialità che le parole offensive siano udite da altri soggetti costituisce un aggravio psicologico per il pubblico ufficiale che può compromettere la sua prestazione, in quanto lo disturba mentre compie atti del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse per sé e per l'amministrazione di cui fa parte, ulteriori rispetto a quelle ordinarie. Pertanto, non è necessario che gli astanti abbiano effettivamente sentito le espressioni oltraggiose, essendo sufficiente che abbiano avuto la possibilità di udirle o comunque di rendersi conto del comportamento oltraggioso, in quanto tale condizione di presenza di altre persone rende più impegnativa la prestazione del pubblico ufficiale, integrandone così l'elemento costitutivo del reato di oltraggio.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Giovanni - Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio - Consigliere

Dott. COSTANZO Angel - rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso presentato da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1174/2014 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. COSTANZO Angelo;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI LEO Giovanni che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La prima sezione penale della Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 2227/2014, in p…

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