Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare il ricorso avverso l'adozione e l'approvazione del Piano Urbanistico Comunale di un Comune, ha affermato i seguenti principi di diritto: 1. La legittimazione ad agire dei consiglieri comunali è limitata ai casi in cui vengono in rilievo determinazioni direttamente incidenti sul diritto all'ufficio ovvero violazioni procedurali lesive in via diretta del munus di componente dell'organo, non potendosi riconnettere tout court al possesso della qualifica da essi rivestita la titolarità del diritto di azione avverso qualsivoglia delibera adottata dall'ente. 2. L'interesse ad una impugnazione immediata e diretta di uno strumento urbanistico generale va ancorato al dato della concreta ed effettiva lesività dello stesso, nel senso che gli atti censurati devono incidere direttamente sulla proprietà del soggetto ricorrente ovvero, pur senza riguardarla direttamente, devono determinare un significativo decremento del suo valore di mercato o della sua utilità, non essendo sufficiente un generico interesse "strumentale" alla riedizione dell'attività di pianificazione del territorio comunale. 3. L'azione popolare di cui all'art. 9 del d.lgs. n. 267 del 2000 è un'azione sostitutiva o suppletiva, destinata a favorire la tutela dei diritti e degli interessi dell'ente in caso di inerzia dei suoi amministratori, e non già di tipo correttivo, in cui l'attore gioca un ruolo di contrasto con l'ente stesso al fine di rimuovere gli errori o le illegittimità da quest'ultimo commessi a danno dell'interesse collettivo. 4. È legittima l'approvazione frazionata dello strumento urbanistico, con l'astensione per ciascuna componente di coloro che in concreto vi abbiano interesse, seguita da una votazione finale dello strumento nella sua interezza, senza l'applicazione delle cause di astensione, in quanto sui punti specifici oggetto del conflitto di interesse si è già votato senza la partecipazione dell'amministratore in conflitto.