La partecipazione a un'associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di stupefacenti si configura quando il contributo dell'agente, pur non essendo necessario un atto formale di investitura, risulti funzionale all'esistenza dell'associazione in un dato momento storico, attraverso condotte che dimostrino una condivisione degli scopi e delle dinamiche interne del gruppo, anche in assenza di una struttura gerarchica. Il ruolo di promotore o organizzatore dell'associazione, che comporta una maggiore responsabilità, richiede la prova di un concreto apporto all'organizzazione e al coordinamento dell'attività criminosa, attraverso la predisposizione di mezzi e risorse essenziali per il raggiungimento dei fini illeciti, l'assunzione di funzioni decisionali e la gestione della vita associativa, non limitandosi a un mero concorso in singoli fatti delittuosi. La determinazione della pena per il reato associativo e per i reati-fine deve tenere conto della gravità oggettiva e soggettiva delle condotte accertate, della personalità del reo e di ogni altro elemento rilevante ai sensi dell'art. 133 c.p., senza che sia necessaria un'analitica valutazione di tutti i fattori favorevoli o sfavorevoli, essendo sufficiente l'indicazione degli argomenti decisivi. Quando il giudice si discosta dal minimo edittale, deve motivare specificamente quali criteri ha ritenuto rilevanti.