Il pubblico ufficiale che, in violazione di specifiche norme di legge amministrativa, propone e partecipa alla deliberazione di un atto amministrativo che procura un ingiusto vantaggio patrimoniale a un soggetto con il quale egli ha un rapporto di prossimità, omettendo di astenersi nonostante il conflitto di interessi, integra il reato di abuso d'ufficio di cui all'art. 323 c.p. Tale reato si configura quando la condotta del pubblico ufficiale, connotata dalla violazione di legge, e l'evento di vantaggio patrimoniale ingiusto presentano entrambi il requisito della "doppia ingiustizia", non potendosi far discendere l'ingiustizia del vantaggio dalla sola illegittimità della condotta. Pertanto, il pubblico ufficiale che, pur agendo sulla base di una procedura amministrativa ritenuta regolare dal dirigente competente e di una prassi consolidata, viola norme che impongono limiti all'erogazione di contributi pubblici e l'obbligo di astensione in presenza di un conflitto di interessi, realizza il delitto di abuso d'ufficio, a prescindere dal fatto che il beneficiario del vantaggio patrimoniale sia direttamente l'affine del pubblico ufficiale o un ente da questi presieduto.