Il giudice di legittimità, nell'esaminare il ricorso proposto dall'indagato avverso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, afferma che il Tribunale di merito ha correttamente motivato in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato in relazione ai reati contestati, in particolare di violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia, sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, ritenute attendibili per la loro coerenza, precisione e costanza, nonché di altri elementi probatori acquisiti. Il giudice di legittimità precisa che le censure dedotte nel ricorso, volte a una diversa valutazione delle risultanze processuali, costituiscono mera eccezione in punto di fatto, non consentita in sede di legittimità, in quanto non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata. Inoltre, la sussistenza di un procedimento penale a carico della persona offesa, nonché l'esistenza di una presunta registrazione di natura erotico-sessuale, non inficiano la validità, plausibilità e verosimiglianza della versione dei fatti fornita dalla stessa. Infine, il giudice di legittimità ritiene che, non ricorrendo l'attenuante del fatto di minore gravità in relazione al reato di violenza sessuale, la misura della custodia cautelare in carcere risulta obbligatoria in virtù della presunzione juris tantum di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p.