Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Nelle fattispecie di reato associativo, come l'associazione di tipo mafioso ex art. 416-bis c.p., la convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non richiede la perfetta sovrapponibilità delle singole condotte attribuite all'indagato, essendo sufficiente che le chiamate in correità convergano sul nucleo centrale dell'accusa, ovvero sulla partecipazione dell'indagato al sodalizio criminoso, anche attraverso il riscontro reciproco di episodi diversi ma indicativi della sua stabile e volontaria compenetrazione nell'organizzazione mafiosa. Inoltre, l'attualità delle esigenze cautelari, in tali fattispecie, va valutata non in relazione alla datazione degli elementi indiziari, ma in riferimento alla permanenza del vincolo associativo, che può protrarsi anche oltre il periodo di commissione dei singoli reati contestati, salvo che non intervenga la prova di una cessazione definitiva della partecipazione all'associazione.