Cassazione penale Sez. V sentenza n. 30893 del 19 luglio 2016

ECLI:IT:CASS:2016:30893PEN

Massima

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Il reato di false dichiarazioni sulla propria identità personale (art. 496 c.p.) è un reato di pericolo, per la cui configurazione è sufficiente l'idoneità dell'azione a indurre in errore l'autorità pubblica, a prescindere dall'effettivo inganno. Pertanto, la circostanza che gli operanti abbiano immediatamente rilevato la falsità dei documenti esibiti dall'imputato non esclude la sussistenza del reato, essendo irrilevante che l'inganno non sia stato effettivamente realizzato. Inoltre, l'indicazione delle reali generalità dell'imputato nei verbali, a seguito dell'accertamento della falsità commessa, non incide sulla configurabilità del reato, in quanto l'obbligo di verità grava sull'imputato sin dal momento della sua identificazione. Infine, il reato di false dichiarazioni sulla propria identità personale può essere integrato anche dalla reiterata declinazione di false generalità, a prescindere dall'esibizione di documenti falsi, in quanto la condotta tipica consiste nell'indurre in errore l'autorità pubblica sulla propria identità.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia - Presidente

Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

Dott. CATENA Rossella - Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:l difensore di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 4/6/2015 della Corte d'appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PISTORELLI Luca;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DELEHAYE Enrico, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Co…

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