Il ricorso amministrativo diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse della parte ricorrente, qualora il procuratore della stessa dichiari in udienza di non avere più interesse al ricorso. In tal caso, il giudice amministrativo, in applicazione dell'art. 26, comma 4, della legge n. 1034/1971 e successive modificazioni e integrazioni, dichiara l'improcedibilità del ricorso, senza pronunciarsi nel merito e senza statuire sulle spese di giudizio. Tale principio trova applicazione ogni qualvolta la parte ricorrente, per fatti sopravvenuti, perda il proprio interesse originario all'impugnazione del provvedimento amministrativo, rendendo così il ricorso privo di utilità pratica e attuale. In tali ipotesi, il giudice amministrativo non può entrare nel merito della controversia, essendo venuto meno il presupposto processuale della sussistenza dell'interesse ad agire. La declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse rappresenta pertanto una pronuncia di rito, che non pregiudica la possibilità per la parte di proporre un nuovo ricorso, qualora dovesse riacquisire l'interesse originario all'annullamento del provvedimento impugnato. Tale principio, di carattere generale, trova applicazione in tutti i casi in cui, per fatti sopravvenuti, la parte ricorrente perda il proprio interesse all'impugnazione, indipendentemente dalla natura e dal contenuto del provvedimento amministrativo oggetto di ricorso.