Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 267 del 12 gennaio 1991

ECLI:IT:CASS:1991:267CIV

Massima

Massima ufficiale
In ipotesi di avvenuto superamento del periodo di comporto, l'accettazione, da parte del datore di lavoro, della ripresa della attivita` lavorativa del dipendente non equivale di per se` a rinuncia al diritto di recedere dal rapporto, ai sensi dell'art. 2110 c. c., e quindi non preclude (salvo diversa previsione della disciplina collettiva) l'esercizio di tale diritto, ferma peraltro la necessita` della sussistenza di un nesso causale fra la intimazione del licenziamento ed il fatto (superamento del periodo di comporto) addotto a sua giustificazione. La prova della sussistenza di tale nesso (che e` in re ipsa in ipotesi di licenziamento intimato non appena superata la soglia del comporto) deve essere fornita dal datore di lavoro nel caso di licenziamento intimato dopo un apprezzabile intervallo, e cioe` dopo alcune settimane (o addirittura mesi), mentre, nel caso di licenziamento intimato dopo pochi giorni dalla riammissione in servizio, e` onere del lavoratore provare che tale riammissione costituisce nel caso concreto - eventualmente in concorso con altri elementi - una manifestazione tacita della volonta` del datore di lavoro di rinunciare al diritto di recesso, tenuto peraltro presente che il detto criterio temporale di discriminazione dell'onere probatorio ha valore solo indicativo, spettando in definitiva al giudice del merito (che e` tenuto a dare ragione del proprio convincimento) valutare la congruita` o meno (con riguardo, in particolare, alle caratteristiche organizzative e dimensionali dell'impresa) del tempo intercorso fra la ripresa del lavoro ed il licenziamento. conforme: Sen 15/03/1989 119 sez U Civ Sen 11/04/1987 3650 sez 1 Civ

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