La servitù di uso pubblico su un bene privato, costituita per dicatio ad patriam, ossia per la volontaria messa a disposizione della collettività del bene da parte del proprietario, anche senza intenzionalità diretta a dar vita al diritto di uso pubblico, è idonea a giustificare il diniego dell'amministrazione comunale al rilascio del permesso di costruire per la recinzione di tale area, in quanto l'esigenza di garantire la fruibilità pubblica del bene prevale sul diritto di proprietà privata. La sussistenza della servitù di uso pubblico, accertata incidentalmente dal giudice amministrativo, non richiede un congruo periodo di tempo o un atto negoziale od ablatorio, essendo sufficiente il comportamento del proprietario che, con carattere di continuità e non di precarietà o tolleranza, abbia messo volontariamente il bene a disposizione della collettività per soddisfare un'esigenza comune ai membri di tale collettività uti cives e non uti singuli. Il diniego del permesso di costruire fondato sulla sussistenza della servitù di uso pubblico non viola il diritto di proprietà costituzionalmente garantito, in quanto la tutela dell'interesse pubblico alla fruibilità del bene da parte della collettività prevale sull'interesse privato del proprietario.