La pubblica amministrazione può recedere legittimamente in via unilaterale da un accordo stipulato con altra amministrazione, anche in assenza di una espressa previsione contrattuale, in quanto il potere generale di revoca, immanente all'azione amministrativa, non si scontra con il legittimo affidamento della controparte e con l'esigenza di tutela derivante dalla sua lesione. Il mancato richiamo dell'istituto del recesso unilaterale nell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990, che disciplina gli accordi tra pubbliche amministrazioni, non implica un divieto implicito di recesso, ma deriva dalla consapevolezza del legislatore della inutilità di tale richiamo in una fattispecie in cui il potere generale di revoca, finalizzato alla cura dell'interesse pubblico, rende incompatibile l'applicazione del principio civilistico della fissità degli effetti del contratto. Pertanto, in caso di recesso legittimo da un accordo tra amministrazioni, non è dovuto alcun indennizzo, a differenza di quanto previsto per il recesso dell'amministrazione dall'accordo procedimentale con il privato, in quanto la posizione di equiordinazione tra le amministrazioni non può essere assimilata alla situazione di interesse legittimo del privato nei confronti del potere, rientrando la dinamica dei loro rapporti nel principio di leale collaborazione. L'inadempimento degli obblighi assunti da una pubblica amministrazione nell'ambito di un accordo con altra amministrazione è imputabile esclusivamente alla prima, anche qualora l'adempimento sia subordinato al raggiungimento di un accordo con terzi, in quanto nessun obbligo in tal senso le deriva dall'accordo di programma.