Il permesso di costruire in variante può essere legittimamente negato dall'autorità amministrativa competente qualora l'intervento edilizio proposto comporti una modifica della sagoma e del volume dell'edificio preesistente, determinando una violazione delle distanze legali minime tra edifici previste dalla normativa urbanistica ed edilizia vigente, in particolare dell'art. 9 del D.M. 1444/1968, la cui applicazione è inderogabile anche in caso di interventi di ristrutturazione. L'accertamento di difformità tra lo stato di fatto e quanto precedentemente autorizzato, con la conseguente presentazione di una domanda di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. 380/2001, non impedisce all'amministrazione di negare il permesso di costruire in variante per il mancato rispetto delle distanze legali, trattandosi di un requisito di legittimità dell'intervento edilizio indipendente dalla regolarizzazione di eventuali abusi pregressi. Il principio di diritto affermato dalla sentenza è che il rispetto delle distanze minime tra edifici, previsto dalla normativa urbanistica ed edilizia, costituisce un requisito inderogabile per il rilascio del permesso di costruire, anche in caso di interventi di ristrutturazione che comportino modifiche della sagoma e del volume dell'edificio preesistente.