Il falso ideologico commesso in atto pubblico mediante dichiarazione sostitutiva attestante falsamente il completamento di un'opera edilizia abusiva entro il termine previsto per il condono edilizio, integra il reato di cui all'art. 483 c.p. anche quando i lavori, alla data indicata, non risultino effettivamente ultimati secondo la nozione di "ultimazione" fornita dalla legge, essendo sufficiente che la costruzione non presenti ancora una copertura definitiva e coordinata con la muratura perimetrale. In tali casi, l'accertamento della mancata ultimazione dei lavori entro il termine di legge, effettuato sulla base di un sopralluogo della polizia municipale, costituisce un dato di fatto logicamente e coerentemente motivato dalla sentenza, non sindacabile in sede di legittimità ove non smentito da prova contraria risolutiva fornita dall'imputato. Il giudizio di legittimità, infatti, non può estendersi a una nuova valutazione del quadro probatorio, essendo preclusa la rilettura e la diversa ricostruzione del fatto, salvo che la motivazione della decisione impugnata non risulti affetta da vizi logici o giuridici.