Il diniego di rinnovo dell'autorizzazione al porto d'armi per difesa personale deve essere adeguatamente motivato sulla base di una congrua istruttoria, che evidenzi circostanze concrete e attuali idonee a far ritenere il soggetto richiedente pericoloso o capace di abusare del titolo autorizzatorio. L'Amministrazione non può limitarsi a richiamare acriticamente precedenti denunce penali o a trarre da esse un automatico giudizio negativo, ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti sottostanti, vagliarne l'esito dei relativi procedimenti e verificarne la rilevanza, specialmente se risalenti nel tempo, esternando adeguatamente le ragioni per le quali tali elementi possano essere considerati indici significativi dell'inaffidabilità del soggetto e della sua incapacità di offrire sufficienti garanzie circa il corretto uso delle armi. Inoltre, l'Amministrazione deve tener conto di tutte le circostanze rilevanti, come l'attività svolta dal richiedente e le eventuali pregresse vittimizzazioni subite nello svolgimento della stessa, nonché del contesto ambientale in cui opera, purché tali elementi siano specificamente rapportati alla singola fattispecie e non solo genericamente richiamati. Il mancato rispetto di tali principi determina l'illegittimità del provvedimento di diniego per difetto di istruttoria e di motivazione.