Il magistrato, nell'esercizio della propria funzione, è tenuto a mantenere un comportamento improntato a equilibrio, autocontrollo e decoro, anche al di fuori dell'attività giurisdizionale, in quanto la sua condotta, anche privata, può incidere sull'immagine di credibilità e imparzialità della magistratura. L'uso della violenza fisica nei confronti di terzi, specie se in ambito familiare, è pertanto sanzionabile in sede disciplinare, in quanto idoneo a ledere gravemente il prestigio e l'autorevolezza del magistrato, a prescindere dall'esito del procedimento penale. Nell'irrogare la sanzione disciplinare, il giudice deve valutare la gravità oggettiva del fatto, l'intensità dell'elemento psicologico, la personalità del magistrato, le ripercussioni sulla sua immagine e sulla fiducia del pubblico nell'istituzione, tenendo conto anche del contesto personale e ambientale in cui si è verificato l'episodio, al fine di assicurare il rispetto del principio di proporzionalità.