Cassazione penale Sez. V sentenza n. 8256 del 2 marzo 2010

ECLI:IT:CASS:2010:8256PEN

Massima

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Il reato di ingiuria sussiste quando l'espressione utilizzata, anche se rientrante nel linguaggio comune, risulti oggettivamente lesiva dell'altrui onore e decoro, a prescindere dall'effettiva volontà di offendere. L'esimente della provocazione, anche putativa, non opera quando manchi un serio riscontro in atti di un comportamento ingiusto della persona offesa, mentre la causa speciale di improcedibilità di cui all'art. 34 d.lgs. n. 274/2000 presuppone l'assenza di opposizione della persona offesa alla remissione di querela, circostanza che deve essere espressamente richiesta dalla difesa. La valutazione del carattere offensivo delle espressioni utilizzate e dell'esclusione di cause di giustificazione rientra nell'insindacabile apprezzamento di merito del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità, ove la motivazione risulti logica e coerente.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROTELLA Mario - Presidente

Dott. CARROZZA Arturo - Consigliere

Dott. SANDRELLI Gian Giacomo - Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

Dott. PALLA Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

IO. El. ;

avverso Sentenza del Giudice di Pace di Spilimbergo del 12.1.2009;

sentita la Relazione svolta dal Cons. Dr. Gian Giacomo Sandrelli;

Per il ricorrente e' presente l'avv. Randazzo Roberto di Roma, in sostituzione dell'avv. Paolo Dal Zilio, giusta delega che deposita;

Sentite le requisitorie del Procuratore Generale (nella persona del Cons. Dr. Angelo di Popolo) che ha chiesto rigettarsi il ricorso;

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