Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2922 del 10 marzo 1994
ECLI:IT:CASS:1994:2922PEN
Massima
Massima ufficiale
La formulazione della legge, secondo cui il giudice dispone il rito abbreviato "se ritiene che il processo possa essere definito allo stato degli atti" (art. 440, comma 1, cod. proc. pen.), non consente la distinzione tra atti di acquisizione probatoria in senso stretto, concernenti la ricostruzione del fatto e la sua riferibilità all'imputato, che soli sarebbero incompatibili con il rito abbreviato, ed accertamenti diversi, tra i quali quello sulla capacità di intendere e di volere dell'imputato, da ritenersi, invece, compatibili con il rito alternativo. Infatti, la suddetta affermazione non è confortata dal testo normativo, che postula indiscriminatamente la possibilità di definizione "allo stato degli atti" senza distinzione alcuna tra "atti di acquisizione probatoria" in senso stretto ed atti d'altra natura; peraltro, ai sensi dell'art. 187, comma 1, cod. proc. pen., formano oggetto di prova non solo i fatti relativi all'imputazione, ma anche quelli concernenti la punibilità, da intendersi a questo fine, come comprensiva dell'imputabilità. (Fattispecie in tema di ritenuta inammissibilità del giudizio abbreviato, attesa la necessità di espletamento di perizia psichiatrica sull'imputato). (Conf. Sez. 1, ud. 14.10.1993, n. 861, imp. Pappalardo).
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