Il Consiglio comunale, nell'esercizio della sua ampia discrezionalità in materia di pianificazione urbanistica, può legittimamente respingere una proposta di variante urbanistica volta a consolidare definitivamente l'attività produttiva di recupero inerti e produzione di conglomerato bituminoso, anche in presenza di un precedente parere favorevole espresso in sede di conferenza di servizi, in quanto l'interesse pubblico alla salvaguardia della zona agricola e al ripristino del suo uso originario prevale sull'interesse privato dell'impresa, specie quando quest'ultima aveva accettato ab origine la natura temporanea e precaria della propria attività, come risultante da apposita convenzione urbanistica. Il Consiglio comunale, infatti, conserva intatto il proprio potere di pianificazione, non essendo vincolato dagli esiti della conferenza di servizi, né dal parere VAS regionale, che ha una finalità meramente ambientale e non urbanistica. La scelta di preferire uno sviluppo urbanistico diverso per il comparto, restituendolo all'effettivo uso agricolo, in coerenza con le previsioni del PAT, è immune da censure, in quanto rientra nell'ampia discrezionalità dell'organo consiliare, salvo che non sia inficiata da errori di fatto o da abnormi illogicità. Inoltre, l'art. 44 delle NTA del PRG, nel prevedere un regime transitorio per le attività esistenti e convenzionate, non introduce un generale divieto di realizzazione degli impianti di recupero dei rifiuti, ma dispone che essi siano insediati solo nelle zone che il Comune individuerà come idonee, senza attribuire alla ricorrente la possibilità di svolgere sine die la propria attività produttiva in zona agricola.