Il patto corruttivo, integrato dalla promessa o dazione di denaro o altra utilità in cambio dell'esercizio della funzione pubblica, costituisce reato di pericolo, sanzionando la messa a disposizione del pubblico ufficiale di un interesse privato, senza che sia necessario l'individuazione di uno specifico atto d'ufficio contrario ai doveri. La correlazione tra utilità e funzioni, anche se non sfociata in atti illegittimi, è sufficiente a configurare il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione, essendo irrilevante che le iniziative imprenditoriali promosse dal privato non abbiano avuto esito positivo. L'accordo corruttivo può essere desunto anche da facta concludentia, espressivi dell'impegno dei contraenti a dargli attuazione, come la disponibilità costantemente manifestata dal pubblico ufficiale nel favorire gli interessi del privato, a prescindere dalla concreta realizzazione di atti contra legem. L'utilizzabilità delle intercettazioni disposte per reati di criminalità organizzata si estende ai reati di corruzione, ove sussista un nesso sostanziale di connessione ex art. 12 c.p.p. con la base fattuale legittimante le operazioni di captazione. La pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, non applicata in primo grado, non può essere disposta in appello in assenza di impugnazione del pubblico ministero, mentre l'incapacità di contrattare con la P.A. può essere rideterminata entro i limiti di legge.