La destinazione urbanistica di un'area rientra nell'ampia discrezionalità dell'amministrazione comunale nella formazione e revisione degli strumenti di pianificazione territoriale, senza che sia necessaria una specifica motivazione in relazione alle singole scelte, salvo che non ricorrano situazioni eccezionali che abbiano determinato un affidamento qualificato del privato al mantenimento della precedente destinazione. Le valutazioni di merito compiute dall'amministrazione in sede di pianificazione urbanistica sono sindacabili in sede giurisdizionale solo per macroscopici vizi di illogicità o irragionevolezza, non essendo sufficiente la mera diversità di destinazione rispetto al precedente piano regolatore o la presenza di aree limitrofe con diversa classificazione. Inoltre, l'amministrazione non è tenuta a motivare analiticamente il rigetto delle osservazioni presentate dai privati, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali dello strumento pianificatorio. Infine, il rispetto degli standard urbanistici minimi di cui al D.M. 1444/1968 costituisce un parametro di legittimità delle scelte di pianificazione, la cui osservanza può essere verificata solo sulla base di elementi e dati specifici, non essendo sufficiente il mero confronto con la destinazione impressa ad altre aree limitrofe.