Il vincolo di destinazione urbanistica di un'area a "Aree attrezzate" non costituisce un vincolo espropriativo, bensì un vincolo conformativo che non priva il proprietario di qualsiasi potere di utilizzo del bene, ma si limita a restringere la facoltà di utilizzo dello stesso in funzione degli obiettivi di tutela dell'interesse pubblico perseguiti dallo strumento urbanistico. Tale vincolo non è soggetto a decadenza quinquennale, in quanto non determina l'inedificabilità assoluta del fondo né la corresponsione di indennizzi, ma impone soltanto specifiche condizioni e limitazioni agli interventi edilizi ammissibili, in conformità alla destinazione urbanistica impressa all'area. Pertanto, il proprietario non può invocare la fattispecie dell'"espropriazione larvata" qualora non dimostri in concreto l'impossibilità di realizzare sull'area trasformazioni edilizie compatibili con la destinazione di "Aree attrezzate" prevista dallo strumento urbanistico. Inoltre, l'obbligo del responsabile del procedimento di richiedere modifiche al progetto, ai sensi dell'art. 20 del D.P.R. n. 380/2001, sussiste solo nei casi in cui tali modifiche siano di modesta entità, circostanza che deve essere specificamente provata dal ricorrente, non essendo sufficiente la mera deduzione di tale violazione.