Cassazione penale Sez. I sentenza n. 19282 del 17 maggio 2021

ECLI:IT:CASS:2021:19282PEN

Massima

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Il giudice di legittimità, in tema di misure cautelari personali, afferma che ai fini dell'adozione di una misura cautelare è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli, in quanto i necessari "gravi indizi di colpevolezza" non corrispondono agli "indizi" intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo i medesimi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'art. 192, comma 2, c.p.p., che oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi. Il giudizio di legittimità relativo alla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza deve riscontrare, nei limiti della devoluzione, la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, senza poter intervenire nella ricostruzione dei fatti o sostituire l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori. Pertanto, non sono ammissibili le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito. Nell'ambito del giudizio cautelare, l'indizio o gli indizi, purché gravi, possono sorreggere il motivato convincimento dei giudici circa l'evenienza del corrispondente presupposto fissato dall'art. 273 c.p.p., a condizione che la motivazione dia adeguato conto della natura di effettivo indizio dell'elemento considerato, nel senso che il fatto posto a base del procedimento inferenziale risulti di sicuro accertamento sulla base degli elementi di prova acquisiti, e non sia verosimilmente accaduto, supposto o intuito sulla scorta di più o meno opinabili congetture. Tuttavia, il Collegio ritiene che l'ordinanza impugnata debba essere annullata limitatamente al reato di detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo, in quanto il Tribunale del riesame, pur avendo rilevato l'incertezza circa il tenore delle parole pronunciate dall'indagato in una conversazione valorizzata dal Giudice per le indagini preliminari, non ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per tali reati, in assenza di ulteriori elementi probatori.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela - Presidente

Dott. CASA Filippo - Consigliere

Dott. LIUNI Teresa - Consigliere

Dott. TALERICO Palma - Consigliere

Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 09/09/2020 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI;
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CAPPUCCIO;
lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto, con requisitoria del 30 novembre 2020, dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 9 settembre 2020 il Tribunale del riesame di Napoli, procedendo ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., ha confermato il provvedimento con il quale il Giudice …

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