Il procedimento espropriativo, pur se originariamente legittimo in quanto basato su una dichiarazione di pubblica utilità validamente adottata, diviene illegittimo per mancata adozione, nel termine di 5 anni, del decreto di esproprio o di altro atto equipollente, con conseguente sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità. In tale ipotesi, l'occupazione e la trasformazione dei beni da parte della pubblica amministrazione, in assenza di un valido titolo ablatorio, integrano un illecito permanente, che obbliga l'ente a restituire i beni illegittimamente occupati, previa riduzione in pristino, ovvero ad acquisirli legittimamente, mediante l'adozione del provvedimento di acquisizione sanante previsto dall'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, con corresponsione all'espropriato di un'indennità pari al valore del bene maggiorato del 10%. Nelle more della regolarizzazione della fattispecie, l'ente è tenuto a risarcire il danno patrimoniale subito dal privato per la perdita della disponibilità del bene, quantificabile nell'interesse del 5% annuo sul valore venale del bene, detratto quanto eventualmente già corrisposto a vario titolo.