Il contratto di appalto può prevedere varianti e aggiunte richieste dal committente nel corso dell'esecuzione dei lavori, le quali devono essere considerate autorizzate ai sensi dell'art. 1659, comma 3, c.c. anche in assenza di una specifica pattuizione sul compenso, qualora risulti provato che tali modifiche siano state effettivamente ordinate dal committente e siano state necessarie per adeguare l'opera alle sue esigenze. In tal caso, l'appaltatore ha diritto al pagamento delle maggiori opere eseguite, da quantificare sulla base della differenza tra i costi del progetto originario e quelli delle lavorazioni aggiuntive richieste dal committente, salvo che non sia stato preventivamente concordato un prezzo globale per l'intera opera. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza di tali presupposti, deve esaminare attentamente la prova documentale e la consulenza tecnica d'ufficio, evitando motivazioni contraddittorie o omissioni di elementi decisivi per la risoluzione della controversia.