Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5249 del 30 aprile 1988
ECLI:IT:CASS:1988:5249PEN
Massima
Massima ufficiale
Per la configurabilita` del reato di interesse privato in atti di ufficio e` necessaria la prova in concreto dell'effettivo inserimento nell'atto amministrativo di una prospettiva di personale vantaggio che si manifesti all'esterno in fatti di sfruttamento dell'ufficio cosicche` l'atto medesimo, indipendentemente dalla sua illegittimita` formale o sostanziale, risulti asservito ad una finalita` privata. la semplice violazione dell'obbligo di astensione imposto a carico degli amministratori comunali dall'art. 279 del r.d. 3 marzo 1934 n. 583 non e` sufficiente ad integrare il reato, ove ad essa non si accompagnino ulteriori elementi significativi a dimostrare una effettiva presa di interesse nel provvedimento. tale conclusione trae conferma dal raffronto fra la norma di cui all'art. 324 c.p. e quella di cui all'art. 2631 cod. civ. che sanziona penalmente la semplice violazione dell'obbligo di astensione dell'amministratore di societa` di capitali rispetto alle deliberazioni in cui abbia un interesse contrario a quello della societa`, e dal tenore dell'art. 2637 dello stesso codice che nel punire l'interesse privato degli amministratori giudiziari e dei commissari governativi, adopera espressioni identiche a quelle impiegate nell'art. 324 c.p.. d`altra parte, il rispetto di siffatto obbligo non esclude in ogni caso la sussistenza del reato qualora risulti che il pubblico ufficiale abbia spiegato in modo diverso la sua influenza sull'atto. conforme: [p83\10619] [p84\04932] contraria: [p77\03533] [p82\05913]
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