Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La partecipazione all'associazione di tipo mafioso, ai sensi dell'art. 416-bis c.p., può essere desunta non solo da attività continuative e dalla stabile messa a disposizione del sodalizio, ma anche da condotte sintomatiche di una totale adesione al metodo mafioso, quali la commissione di reati-fine tipici dell'associazione, posti in essere con modalità espressive di tale adesione. A tal fine, rilevano non solo le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ma anche le risultanze delle indagini, come le conversazioni captate, le frequentazioni con esponenti della cosca e gli accertamenti svolti, anche se i dichiaranti non indicano espressamente l'indagato come associato. Inoltre, l'aggravante di cui all'art. 7 L. n. 203/1991 può essere integrata dalla condotta di chi, pur non essendo formalmente affiliato, agisce con modalità tipiche del metodo mafioso, come l'imposizione di pregressi accordi criminali alla vittima, anche presso la sua abitazione, avvalendosi del prestigio e della forza di intimidazione derivanti dall'appartenenza all'associazione.