Il comportamento persecutorio, anche se caratterizzato da sporadici contatti e dalla volontà di mantenere un rapporto con i figli, integra il reato di atti persecutori quando le condotte, nel loro complesso, siano idonee a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, compromettendone in maniera rilevante la qualità di vita. La credibilità della persona offesa, anche se caratterizzata da un comportamento non lineare e da un forte risentimento nei confronti dell'imputato, deve essere valutata in modo complessivo, tenendo conto delle risultanze probatorie, come le certificazioni mediche e le dichiarazioni testimoniali, che confermino la sussistenza degli elementi costitutivi del reato. La determinazione della pena, nel rispetto dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p., rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il cui esercizio non è sindacabile in sede di legittimità se non in caso di manifesta illogicità o arbitrarietà.