Il provvedimento di diniego definitivo dell'autorizzazione paesaggistica in sanatoria è legittimo quando l'intervento edilizio abusivo è stato realizzato in area vincolata prima dell'imposizione del vincolo e risulta non conforme alle norme urbanistiche, in quanto costituisce un aumento volumetrico superiore al 2% del volume assentito e non rispetta i relativi indici di zona. In tali casi, l'art. 32, comma 27, lett. d) della legge n. 326/2003 esclude espressamente la possibilità di sanatoria, a prescindere dalla natura del vincolo (relativa o assoluta), in quanto la norma prevede tale causa di inedificabilità come autonoma e aggiuntiva rispetto a quanto già stabilito agli artt. 32 e 33 della legge n. 47/1985. Pertanto, la sanatoria degli interventi in aree vincolate è consentita solo quando le opere siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo e siano conformi alla disciplina urbanistica. Il provvedimento impugnato, che ha negato l'autorizzazione paesaggistica in sanatoria sulla base di tali presupposti, è dunque legittimo, in quanto l'intervento non rientra tra quelli condonabili ai sensi della normativa vigente. Il giudice amministrativo, nel valutare la legittimità del diniego, non è tenuto a compiere ulteriori approfondimenti istruttori sulla natura e il contenuto del vincolo, essendo sufficiente l'accertamento della sussistenza delle condizioni ostative alla sanatoria previste dalla legge. Inoltre, il provvedimento che conclude sia il procedimento di condono edilizio che quello di richiesta di autorizzazione paesaggistica in sanatoria non viola il principio del giusto procedimento, in quanto la copiosa corrispondenza intercorsa tra le parti rende edotto il ricorrente delle ragioni ostative all'accoglimento delle sue istanze.