L'informazione antimafia interdittiva adottata dalla Prefettura nei confronti di un'impresa appaltatrice è illegittima se non è sorretta da una pluralità di indizi seri, precisi e concordanti, oggettivamente riscontrabili, che secondo l'esperienza comune assumono un significato univoco nel senso di ritenere attualmente sussistenti rapporti tra l'impresa e la criminalità organizzata di stampo mafioso. L'interdittiva non può fondarsi su meri elementi indiziari, privi del carattere dell'attualità, né su fatti risalenti nel tempo e non più attuali, dovendo l'Autorità prefettizia compiere un'adeguata istruttoria e fornire una congrua motivazione che dia conto dell'accertamento di un concreto e attuale tentativo di infiltrazione mafiosa nell'attività imprenditoriale. Il provvedimento interdittivo, in quanto fortemente penalizzante per l'impresa e i suoi dipendenti, richiede un rigoroso accertamento dei presupposti, non potendo essere adottato sulla base di una valutazione ampiamente discrezionale e meramente ipotetica del rischio di condizionamento mafioso. Ove l'interdittiva risulti illegittima, l'annullamento di essa determina l'illegittimità anche degli atti consequenziali, come la revoca del contratto di appalto disposta dall'Amministrazione appaltante.